La Permanente ha chiesto a Rosella Ghezzi, di scrivere una testimonianza su Lea Vergine, straordinaria donna di cultura, che ci ha lasciato in questi giorni.
Un racconto acuto e di grande sensibilità, scritto da “un’amica di sempre”
Per Lea (ed Enzo)
Lea Vergine se ne è andata il 19 ottobre. A poche ore dal marito Enzo Mari, compagno di una vita. Critico d’arte militante lei, designer di fama internazionale lui. Personalità diverse, ma complementari, accomunati da uno stesso rigore etico che li ha portati ad attraversare sessant’anni di storia e di arte senza mai cedere a compromessi, o lusinghe.
Lea Vergine con mostre storiche, articoli e saggi, ha messo in evidenza le nuove tendenze dell’arte, intuite e decifrate con lucidità. Come le ricerche dell’Arte Programmata e Cinetica della fine degli anni ’50; o l’ingresso del corpo nell’arte come un nuovo linguaggio, con le prime azioni e performance presentate nell’Irritarte, alla Galleria Milano nel 1969, che suscitò reazioni scandalizzate, e con il libro Body Art, pubblicato nel 1974, che ne censisce le esperienze internazionali. Ma anche l’arte come politica con Attraverso l’arte del 1976.
E con la memorabile esposizione L’altra metà dell’avanguardia, a Palazzo Reale, nel 1980, che sdogana dai cliché l’arte “al femminile” e in cui per la prima volta, e finalmente, si restituisce il ruolo primario e “dovuto” alle artiste, non più solo gregarie e dilettanti, mogli, compagne o amanti, ma personalità attive e capaci di autonomia creativa e di pensiero.
Una mostra storica, alla quale a Milano ne seguiranno altre fino al 1988 con “Geometrie dionisiache”, alla Rotonda della Besana. Da quella data, purtroppo, nessun altro progetto espositivo vedrà la luce in città, e le grandi mostre successive saranno organizzate al Mart di Trento e Rovereto. Sempre percorsi originalissimi che attraversano la storia dell’arte scavandone le ragioni e individuando i fenomeni, come nell’ultima, del 2012, dedicata al gruppo di Bloomsbury “Un altro tempo”. A questo proposito Lea dichiarava e ci ricorda che: “Una mostra non si fa solo per guardare e vedere ma anche per sapere”, delineando un atteggiamento critico da tenere sempre presente.
Ma chi era Lea Vergine? Sicuramente un grande personaggio. Intelligente, geniale, arguta, sarcastica, selettiva, combattiva e anche “scomoda” per la capacità di analizzare e giudicare i fatti, e di raccontarli senza compromessi. E poi bellissima, non passava certo inosservata. “Ma la bellezza è una maledizione”, diceva riferendosi ai tanti corteggiatori respinti e vendicativi.
Eccentrica, ma misurata, vera icona di eleganza, sapeva combinare in uno stile unico pezzi diversi e colori, abiti e accessori, spille, collane, anelli e gli immancabili cappellini. Un esempio invidiabile ed invidiato, assolutamente inimitabile.
Uno stile raffinato che si ritrova anche nella casa di via Sant’Agnese al 14, in un antico convento, dove nelle stanze dai volumi austeri, si combinano i tanti pezzi disegnati da Enzo Mari, come il divano Night & Day, “mai messo in produzione perché troppo economico”, la sedia dell’Autoprogettazione, semplice a austera, lampade e librerie, vasi e carrelli, mixati con qualche antico mobile di famiglia, e ovviamente tanti libri.
E poi sulla tavola, alla quale sedevano gli amici e gli ospiti invitati da Lea, che sapeva essere un’eccellente padrona di casa, tutti gli oggetti sono frutto della genialità di Enzo che riusciva a progettare ogni utensile con estrema sintesi formale e massima funzionalità, dalle posate alle ciotole, dall’oliera al portafrutta. Pezzi che si ritrovano ora esposti nella mostra in Triennale dedicata al suo lavoro e inaugurata pochi giorni fa.
A quella tavola sono passati innumerevoli amici, intellettuali e artisti, mixati sapientemente, messi in contatto tra loro e tenuti insieme dalla brillante padrona di casa, arguta conversatrice, che animava le serate e i pranzi con la sua voce roca per le tante sigarette, e sapeva dare valore ad ogni invitato.
E poi ancora, nella casa i tanti oggetti, souvenir di viaggi, fotografie, opere regalate dagli amici artisti, formano un insieme dei memorabilia di una vita a due, intensa e mai scontata.
Una coppia mitica e indimenticabile, e un pezzo del Novecento che con loro se ne va, banalmente portato via dal virus cinese. Ma nonostante le avversità della vita, e i problemi di salute, una coppia benedetta dagli dei per le tante qualità ricevute, e per l’estremo dono: quello di andarsene insieme, come Filemone e Bauci che videro esaudito il loro unico desiderio.
Rosella Ghezzi
Amica di sempre