La Società per le Belle Arti ed Esposizione Permanente, a seguito della fusione delle due istituzioni culturali preesistenti, acquista un terreno in via Principe Umberto (attuale via Filippo Turati) finanziandosi con le quote sociali e gli introiti dell’organizzazione della Mostra Nazionale di Milano del 1881. Il progetto per la costruzione di una sede espositiva viene affidato a Luca Beltrami (Milano 1854 – Roma 1933), all’epoca titolare della cattedra di Architettura all’Accademia di Brera, architetto anche di Palazzo Beltrami (1886) in Piazza della Scala e, nel decennio successivo, responsabile a Milano di importanti interventi di restauro riguardanti, fra l’altro, il Castello Sforzesco e la Chiesa di Santa Maria delle Grazie. L’edificio a due piani di via Turati ha un impianto neoclassico e presenta uno schema formale semplice. La facciata in pietra rossa di Verona è scandita da un ingresso a triplice apertura al piano terra, ripresa al piano superiore da una loggia a tre arcate, al di sotto della quale spicca la scritta identificativa del Palazzo: Società per le Belle Arti ed Esposizione Permanente. Nel 1886, anno dell’inaugurazione della nuova sede, il piano terreno risulta costituito da quattro sale illuminate da lucernari, da un cortile coperto, da una galleria destinata alla scultura conclusa da un giardino con caffetteria. Una doppia scala interna in marmo dà accesso al piano superiore, il cui salone è pensato anche per ospitare riunioni, conferenze, concerti; mentre ai lati della loggia si aprono due ambienti minori per esposizioni di piccoli oggetti. Tra il 1920 e 1922 il Palazzo viene restaurato dagli architetti Giulio F. Richard e Paolo Mezzanotte, che lasciano immutata la planimetria originale di Luca Beltrami ma eliminano le decorazioni del primo piano, opera dei pittori Giovanni Battista Todeschini (1857 – 1938) e Giuseppe Mentessi (1857 – 1931), quest’ultimo assistente di Beltrami all’Accademia di Brera. Nell’agosto del 1943 un bombardamento colpisce l’edificio, rimane integra soltanto la facciata ottocentesca di via Turati, tuttora tutelata come monumento nazionale, mentre il resto del palazzo subisce danni irreparabili. I lavori di ricostruzione prendono avvio nel 1950, ad opera degli architetti Pier Giacomo e Achille Castiglioni e Luigi Fratino che ristrutturano gli spazi con razionali criteri di funzionalità. L’edificio viene riaperto al pubblico nel 1953 completamente rinnovato nei suoi spazi interni caratterizzati da sale di ampie superfici che si prestano a molteplici allestimenti. Dal grande atrio di 80 mq si accede ai due saloni del piano terra di 600 mq ognuno e, attraverso due scalinate, al primo piano di 565 mq su cui si affacciano la loggia e due salette. I soffitti hanno un’altezza di 5 metri circa eccetto il secondo salone del piano terra che arriva a 8 metri.