Luigi Fulvi nasce a Galatina (Lecce) nel 1949; attualmente vive e lavora tra Brescia e Milano.
Dopo il corso di studi presso il liceo Artistico di Lecce si trasferisce a Milano, dove nel 1973 si diploma in scultura presso l’Accademia di Belle Arti di Brera sotto la guida di Marino Marini, Alik Cavaliere e Lorenzo Pepe. Dal 1976 è titolare della cattedra di discipline plastiche presso il Liceo Artistico statale di Brera a Milano, che lascia nel 2006.
Nel suo lavoro predilige fin dagli esordi l’utilizzo della pietra arenaria, tipica della sua terra d’origine: il Salento; durante il procedere del suo percorso artistico compie altre esperienze e ricerche, ampliando i suoi interessi e utilizzando il legno, la grafica con incisioni e stampe di acqueforti e la realizzazione di collages materici.
Inizia la sua attività espositiva negli anni ’70 partecipando a numerose mostre personali e collettive; sul finire degli anni ’80 entra a far parte del gruppo artistico Esprit de Finesse di Brescia, con il quale svolge un’attività espositiva che culmina con la pubblicazione del saggio critico “L’alchimia della visione”, a cura di Giorgio Cortenova e Mauro Corradini.
Nel 1997 viene pubblicato il testo didattico “I modi della scultura” di Pino Di Gennaro edito da Hoepli, ove si evidenzia l’uso personalizzato degli strumenti secondo il metodo diretto di lavorazione della pietra utilizzato dal Fulvi.
Dal 2007 è artista socio vitalizio del Museo della Permanente di Milano.
Le sue opere fanno parte di collezioni pubbliche e private tra le quali: Museo d’Arte Moderna Pagani a Castellanza (VA), Museo d’Arte Moderna e Contemporanea Vito Mele a Santa Maria di Leuca (LE), Museo d’Arte Contemporanea Roberto Buttazzo a Lequile (LE), Museo della Permanente di Milano, Collezione d’Arte del Comune di Rozzano (MI), Collezione d’Arte Bertold Brecht a Milano, Collezione d’Arte Liceo Artistico Statale di Brera a Milano e Collezione d’Arte Casa di cura Domus Salutis a Brescia.
Alberto Veca nel testo dal titolo “Dimore”, in occasione della mostra “Mediterraneo: tra arcaicità e mito” presso il Museo della Permanente di Milano, nel gennaio 2009 scrive di lui:
“La scultura di Fulvi seleziona figure elementari, primarie dell’architettura, intesa come omogeneo intervento dell’artificio nel paesaggio, frutto della mente più che dell’imitazione della realtà, della sua storia. È un indagine che trova il suo necessario complemento nel materiale costantemente adottato, l’arenaria, che presenta nella sua fisionomia altre storie, ricco di vicende tradotte nella durezza della pietra. Interrogarla, nel senso di passare dalla superficie alla profondità, è esercizio prima di tutto di rispetto nei confronti della materia: nulla di artefatto se non il valore del volume che, da una forma originale, integra, conosce progressivamente aggiustamenti e correzioni fino alla figura conclusiva che mantiene, come punto di vista privilegiato, la frontalità ma da questa si emancipa con smussature, fenditure capaci di suggerire anche la lettura della profondità, il corpo interiore del volume.
Sono sculture senza decorazione, alla soglia dell’essenziale delle coordinate primarie della verticale e dell’orizzontale, appunto della costruzione, che però si presenta visibile e per tanto vivibile per i tagli che, diversamente, indagano la forma, ne offrono ulteriori letture.
Questo il senso del titolo accordato al ciclo, appunto ‘Dimore’, come volumi con cui l’uomo entra in relazione: date le dimensioni, ma non solo per questo, sono ‘modelli’ con cui è possibile paragonarsi nel nostro agire, anche nel nostro riferirsi all’architettura che spesso subiamo in cui il décor a volte risulta prevalente rispetto alla funzionalità e all’essenzialità.
Il richiamo alle figure essenziali del muro, della porta, della finestra è un modo di confrontarci di nuovo con parole di base.”